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al testo di Rosetta Sacchi
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Hanno il suono flebile dei pensieri lassi desiosi di pace i miei passi lenti noncuranti della strada è uno strano ritorno la soglia dopo l’erta in un sospiro rubato al silenzio quando un altro giorno muore e la sera t’accorgi d’una strana avarizia
delle poche parole tante sono morte negli anni tante le abbiamo pronunciate bendati quelle leggere il peso d’una carezza trascurate per l’inclemenza crescente delle stagioni
Ti sovviene la morte col suo gelido fiato a cancellare il torpore del tuo ordine inverso tornano gli sguardi allo specchio riflessi come lampi incrinati nell’aria come scie meteoritiche fuggenti
è un abisso diverso quello in cui scivoli al riparo dal rumore del giorno dove sai che la poesia salverà il mondo ( è più di uno slogan è una fede ) ma è vera nell’attimo che sfiori l’eterno
poi impallidisce e tu tramonti col capo reclinato d’un fiore. Il suolo l’ultima cosa che sfiori stremato lontano dal ricordo di quando carponi brucavi la strada
Comprendete ora la forza d’ una fiammella nel buio universo tra i venti e quel suo ancheggiare per resistere ancora all’ignoto
I passi lenti nella mente erano celeri e i campi arati e i frutti caduti nel fango le foglie ingiallite e i rami irti come armi sguainate ci hanno fatto scordare il percorso la sua immane fatica
e i passi percettibili appena nel loro avanzare si sono fermati una sosta soltanto una panchina deserta l’orologio fermo ad una bieca stazione
la sera vestita di qualche vaga promessa per placare le insidie del giorno e fermare la morte e quel silenzio che divideva il fruscio della seta dal cigolio della porta
poi con qualcuno abbiamo indossato la luce sfiorandoci nel bacio più casto abbiamo pregato inginocchiandoci perché il dolore non fosse privilegio dell’anima
abbiamo immaginato traguardi con l’occhio d’un folle e siamo tornati indietro nostalgici a guardare i binari viaggi mai intrapresi scogli i passi fruscianti la stessa voce dei nostri pensieri così uniti e così distanti
quando le mani operose davano vita alle cose e i nostri piedi andavano lenti sotto cieli diversi abbiamo coltivato fiori mietuto le spighe irrigato la terra ed atteso il maturar delle vigne abbiamo vissuto più di una vita la nostra e quella dei cercatori di sogni.
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